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Polline nell’aria: come sopravvivere alla stagione delle allergie

Polline nell’aria: come sopravvivere alla stagione delle allergie

Torna la primavera, tornano i pollini. Già da qualche settimana, complici le giornate trascorse all’aria aperta, tanti di noi sono alle prese con il più classico dei “malesseri” stagionali, l’allergia primaverile. Il periodo in cui si manifesta dipende dal tipo di polline a cui si è sensibili e dalla sua concentrazione nell’aria: i sintomi più comuni sono rappresentati da starnutazione, naso che gocciola, prurito naso-oculare e lacrimazione, e più raramente sintomi respiratori più severi, come tosse e broncospasmo.

Perché si diventa allergici ai pollini?

L’allergia al polline, così come qualsiasi altra allergia, è scatenata dal contatto agli allergeni in esso contenuti, proteine che l’organismo riconosce erroneamente come possibili minacce. La reazione allergica rappresenta per l’appunto una risposta “anomala” da parte del nostro sistema immunitario, che comincia a produrre specifici anticorpi per difendersi da sostanze normalmente innocue per l’organismo, come quelle presenti nei pollini.

Quali sono i sintomi dell’allergia primaverile?

I sintomi possono variare a seconda della quantità di polline a cui si è esposti e dalla durata dell’esposizione. Quando il contatto interessa le vie aeree superiori e gli occhi la reazione allergica può manifestarsi con starnuti continui, naso chiuso e gocciolante, arrossamento oculare e frequente lacrimazione. Più raramente il contatto cutaneo con l’allergene può provocare prurito e rossore della pelle. Un’ulteriore fattore che influenza la gravità dei sintomi è la dimensione dei granuli pollinici: più sono piccoli (come nel caso, ad esempio, del polline della Parietaria), maggiore sarà la probabilità che l’allergene inalato arrivi fino alle vie aeree inferiori, provocando tosse, dispnea, sensazione di costrizione toracica e broncospasmo.

Quanto dura la stagione dei pollini?

Le stagioni in cui le concentrazioni di polline nell’aria sono più elevate, e quindi quelle in cui si verificano più frequentemente i sintomi, sono la primavera ed estate (soprattutto da Marzo ad Ottobre). In questo periodo le piante (in particolare graminacee, betullacee, ambrosia, parietaria, oleacee e cupressacee) rilasciano elevate quantità di polline. L’arco di tempo in cui si manifestano i sintomi varierà comunque a seconda del periodo di fioritura del polline a cui si è sensibile; ad esempio, chi è allergico alla Betulla solitamente manifesta i primi disturbi già nel mese di Febbraio, mentre l’allergia alle Graminacee tende a determinare sintomi a partire da Marzo-Aprile. La concentrazione del polline dell’aria può essere comunque soggetta a variazioni in base al clima; l’insolito aumento della temperatura media durante i mesi invernali, che ha caratterizzato gli ultimi anni, ha reso frequente l’aumento precoce di pollini come graminacea e parietaria. Viceversa, le precipitazioni piovose possono drasticamente ridurre la concentrazione di polline dell’aria.

Le allergie primaverili possono essere prevenute?

Alcuni accorgimenti comportamentali possono aiutare quantomeno a ridurre l’esposizione agli allergeni stagionali. Può essere utile, ad esempio, evitare di frequentare luoghi ad alta concentrazione di pollini, come parchi e giardini, e non uscire nelle ore centrali o più calde della giornata, in cui la concentrazione pollinica è più alta. Inoltre, è possibile consultare i calendari pollinici, così da poter conoscere il periodo dell’anno in cui si prevede che la concentrazione di quel polline sia più elevata. Un altro valido consiglio è rivolto a chi utilizza frequentemente mezzi a due ruote (moto, biciclette o monopattini), e consiste nell’indossare sempre la mascherina e gli occhiali, in modo da ridurre quanto più possibile l’inalazione ed il contatto con l’allergene. Chi invece viaggia in automobile dovrebbe tenere chiusi i finestrini e, se disponibile, attivare il filtro anti-polline.

Quando rivolgersi allo specialista?

Affinchè si possa raggiungere un adeguato controllo dei sintomi descritti è importante che il paziente conosca quali sono gli allergeni responsabili degli stessi. L’errore più comune è quello di recarsi in farmacia senza prima consultare un medico specialista, e procurarsi un qualunque farmaco da banco per ottenere un po’ di sollievo. La terapia deve essere valutata e decisa dopo un consulto con lo specialista Allergologo che, una volta effettuato l’opportuno iter diagnostico, saprà indicare la migliore terapia possibile per migliorare la qualità di vita del paziente riducendo al minimo il rischio di effetti collaterali.

Come si curano le allergie stagionali?

La possibilità di effettuare una diagnosi precoce, e l’introduzione delle terapie immunologiche, hanno contribuito a modificare la storia delle allergie respiratorie (rinocongiuntivite, asma), permettendo il controllo dei sintomi ad esse correlate ed impedendone l’evoluzione verso forme cliniche più gravi. I test allergologici sono efficaci per identificare le allergie stagionali e possono essere effettuati sulla pelle (il prick test, che prevede il posizionamento di alcune gocce di allergene purificato sulla superficie cutanea) o dopo prelievo di sangue (dosaggio delle IgE allergene-specifiche). In molti casi, l’individuazione dell’allergene responsabile dei sintomi respiratori attraverso i suddetti test può consentire di predisporre una immunotearapia desensibilizzante allergene-specifica, che può essere attuata sia negli adulti che nei bambini.

Che cos’è l’immunoterapia?

È un trattamento che consiste nell’assunzione, per via sottocutanea o per via sublinguale, di un estratto dell’allergene sensibilizzante, effettuata con regolarità. Tale terapia determina una modificazione della risposta immunitaria dell’organismo, inducendo lo sviluppo di tolleranza verso il suddetto allergene, e di conseguenza la progressiva risoluzione dei sintomi. Ad oggi, l’immunoterapia allergene-specifica rappresenta l’unica vera terapia potenzialmente risolutiva, poiché in grado di intervenire sui meccanismi immunologici alla base dell’allergia stessa.

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Dal giardino alla tavola: la correlazione tra l’allergia al polline e alla frutta

Dal giardino alla tavola: la correlazione tra l’allergia al polline e alla frutta

Starnutazione, naso che cola e occhi arrossati non sono sempre gli unici disturbi di chi soffre di allergia al polline. Molto spesso, infatti, questi pazienti possono presentare sintomi di varie entità con l’ingestione di alcuni tipi di frutta e verdura, che possono limitarsi ad interessare il cavo orale (prurito, rossore e gonfiore locali) oppure estendersi ad altri organi e tessuti, determinando quadri clinici ben più severi. Si tratta delle allergie crociate: reazioni allergiche provocate da sostanze apparentemente non correlate tra loro (più frequentemente, pollini ed alimenti di natura vegetale) che in realtà hanno in alcune proteine sensibilizzanti in comune.

Cosa sono le allergie crociate?

Il 70% delle persone allergiche ai pollini soffre di reazioni crociate con gli alimenti. Questo perché nel mondo vegetale esistono delle proteine, chiamate panallergeni, condivise da alcuni tipi di pollini e di frutta. Solitamente, questi pazienti, oltre a soffrire di allergia stagionale, avvertono prurito, formicolio e bruciore del cavo orale con l’ingestione di alcune varietà di frutta (Sindrome Orale Allergica). L’esempio più classico è quello della cross-reattività tra il polline della betulla e la mela, ma questa reazione può avvenire anche con l’ingestione di altri frutti appartenente alla famiglia delle Rosacee, come pesche, albicocche, pere, ciliegie ed altri. Tuttavia, le allergie crociate possono investire anche il regno animale; ad esempio, chi è allergico agli acari della polvere può sviluppare una sensibilizzazione anche nei confronti di alcuni alimenti, quali crostacei e molluschi.

Quali sono i sintomi?

Il quadro clinico più comune, che solitamente si verifica a causa della cross-reattività tra pollini e frutta, è quello della già citata Sindrome Orale Allergica (SOA): in questi pazienti, l’assunzione di alcuni alimenti di natura vegetale può scatenare quasi immediatamente prurito a carico di labbra, palato, gola ed orecchie, edema delle labbra o della lingua, o comparsa di tumefazioni del cavo orale. Tuttavia, la sintomatologia può variare a seconda del tipo di proteina causa della cross-reattività, e in alcuni casi si possono manifestare altri sintomi, come rinocongiuntivite, asma, orticaria, o nei casi più gravi lo shock anafilattico.

Cosa causa la Sindrome Orale Allergica?

Le allergie sono causate da una risposta anomala del sistema immunitario nei confronti di sostanze normalmente innocue, erroneamente ‘interpretate’ come pericolose dal nostro organismo. A scatenare questa risposta sono frammenti di proteine presenti nella sostanza a cui si è allergici. Nel caso delle allergie crociate, questi frammenti sono presenti in proteine di origine diversa, ad esempio di un polline e di un frutto. Più frequentemente le proteine che scatenano queste reazioni allergiche appartengono alla famiglia PR-10, che nelle piante svolgono una funzione di difesa contro infezioni, insetti e condizioni ambientali sfavorevoli, e che sono presenti anche in diverse varietà di vegetali.

Quali sono le allergie crociate più diffuse?

Tra le allergie crociate più comuni c’è quella tra il polline della betulla e la mela; questa cross-reazione è legata alle analogie tra la PR-10 di questo polline (Bet v 1) e del frutto (Mal d 1). Più in generale, chi è allergico al polline delle Betullacee può manifestare sintomi del cavo orale mangiando svariati alimenti del mondo vegetale (mela, pera, lampone, prugna, pesca, albicocca, ciliegia, mandorla, sedano, finocchio, carota, prezzemolo, kiwi, arachide, noce, nocciola). Meno frequentemente si possono sviluppare fenomeni di cross-reattività che coinvolgono altri allergeni stagionali, come il polline delle Graminacee (anguria, melone, agrumi, prugna, pesca, albicocca, ciliegia, kiwi, mandorla) o della Parietaria (gelso, basilico, piselli, melone); anche l’allergia al polline delle Composite (Ambrosia, Artemisia) può portare allo sviluppo di cross-reattività con vari alimenti (miele di girasole o di tarassaco, camomilla, olio e semi di girasole, margarina, dragoncello, lattuga, sedano, finocchio, carota, prezzemolo, anguria, melone, mela, castagna).

Come si fa la diagnosi?

Come per tutte le altre forme di allergia, il momento della raccolta della storia clinica del paziente è il passaggio fondamentale. Attraverso un’accurata anamnesi, lo specialista Allergologo potrà già sospettare o comprendere quale polline causi la sintomatologia respiratoria stagionale, quale alimento abbia determinato la reazione allergica descritta, e se sussista o meno una cross-reattività tra polline e frutto.
La diagnosi di certezza viene solitamente formulata mediante l’esecuzione di un test allergologico cutaneo, il prick test, che consiste nell’applicare modeste quantità di estratti allergenici sulla faccia volare degli avambracci del paziente, favorendone la penetrazione nella pelle con lancette monouso. Tale test può essere effettuato sia con estratti di allergeni inalanti (pollini, acari della polvere, muffe, peli animali) che di allergeni alimentari (vegetali ed animali). Se in corrispondenza dell’applicazione dell’estratto si verificherà una piccola eruzione cutanea rilevata (pomfo), il paziente sarà molto probabilmente sensibile a quel tipo di allergene. Nell’ambito della diagnostica delle allergie alimentari, in questa fase potrà fornire qualche informazione in più anche l’esecuzione del cosiddetto “prick by prick”, che rappresenta una variante del succitato test allergologico, in cui vengono utilizzati piccoli campioni degli alimenti sospetti anziché i rispettivi estratti allergenici.
Molto spesso, una volta eseguiti i test allergologici cutanei, sarà inoltre utile effettuare un prelievo di sangue per il dosaggio delle IgE specifiche, anticorpi specifici verso gli allergeni causa di sensibilizzazione. Negli ultimi anni tale metodica ha fatto notevoli passi avanti, ed oggi è solitamente possibile l’individuazione non solo dell’allergene responsabile della reazione, ma più specificamente della sua proteina sensibilizzante (ad esempio, la proteina Bet v 1 del polline della betulla).

Come curare queste allergie?

Il modo migliore per trattare le allergie crociate è evitare l’ingestione degli alimenti sensibilizzanti, soprattutto durante il periodo di fioritura del polline. Tuttavia va sottolineato che le proteine che causano la Sindrome Orale Allergica sono estremamente labili e facilmente denaturabili con il calore; pertanto, i pazienti che ne sono affetti generalmente lamentano sintomi piuttosto blandi, e solo con l’ingestione del frutto fresco, molto più raramente con frutta e verdura cotta (marmellate, succhi di frutta, ecc.). Anche sbucciare il frutto può aiutare a ridurre i sintomi della SOA, in quanto la maggior quantità dell’allergene sensibilizzante si trova proprio nella buccia. Inoltre, le proteine che causano la SOA, oltre che dal calore, sono distrutte dalla digestione gastrica e di conseguenza, non venendo assorbite, non provocano sintomi sistemici.
La sintomatologia della Sindrome Orale Allergica non prevede una terapia specifica, ma di solito l’assunzione di 1-2 compresse di antistaminico può determinarne la risoluzione. Più frequentemente, i sintomi scompaiono spontaneamente nel giro di 20-30 minuti. In alcuni casi, l’immunoterapia specifica per il corrispettivo polline (più semplicemente denominata vaccino) potrebbe ridurre anche i sintomi dell’allergia alimentare ad esso associata; numerosi studi clinici indicano che effettuare una immunoterapia desensibilizzante allergene-specifica può condurre ad un progressivo miglioramento dei sintomi della SOA, fino a poter permettere la reintroduzione degli alimenti nella dieta.